Giacinta di Fatima e la sofferenza vicaria

L’esempio di Santa Giacinta di Fatima a tutti quei cattolici che negano il valore della “sofferenza vicaria”.

di Corrado Gnerre (23-02-2021)

Ormai da tempo tra i cattolici, influenzati da una teologia che ormai nulla ha più di cattolico, si sta facendo strada la convinzione che non possa esistere una sofferenza vicaria, ovvero il soffrire volontariamente o involontariamente (accettando le prove che il Signore permette nella vita) per purificare se stessi e compensare i peccati altrui.

È evidente che la sofferenza vicaria poggi sulla convinzione che Dio è Sommo Amore, ma anche Somma Giustizia e, come Somma Giustizia, richiede il compenso del peccato.

La teologia neomodernista, che tra tante cose nega anche questo, non può non attaccare anche il principio della sofferenza vicaria.

Il corpo incorrotto di Giacinta

Ciò, però, non solo è un’offesa al sacrificio di Cristo, è un’offesa anche all’eroismo di tanti santi e perfino di santi bambini, come è il caso di Giacinta di Fatima.

Ella, infatti, volle essere vittima innocente. Il soffrire per i peccatori fu la sua dolorosa passione fino alla morte.

Colpita dalla spagnola e dalla pleurite purulenta, fu trasportata in ospedale e sottoposta ad intervento chirurgico per l’asportazione di due costole, senza essere addormentata.

In quella situazione sfruttò ogni occasione per offrire sacrifici per i peccatori. Il suo conforto era l’assistenza della Madonna. Morì consumata dai dolori e in solitudine, a soli 10 anni!

(Fonte: Il Cammino dei Tre Sentieri)


Raccolta fondi straordinaria dal 19 al 26 febbraio 2021

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