Sinodo: a ottobre solo le avvisaglie. Bisognerà attendere l’esortazione post-sinodale del papa

di Maria Guarini

Il blog francese Benoit et moi [qui] riprende il tema della comunione ai risposati partendo da un articolo di Sandro Magister [qui], che ricorda che il papa, nel dare il via libera alla nota discussione sinodale, non ha detto espressamente se sta dalla parte dei favorevoli o dei contrari; ma appare molto più vicino ai primi che ai secondi. E riproduce le ragioni fornite dal teologo australiano Paul-Anthony McGavin, sacerdote della diocesi di Canberra e Goulburn, assistente ecclesiastico presso l’Università di Canberra.

Costui è favorevole al cambiamento e non nasconde la sua adesione alle opinioni di Kasper. Il problema sta nel fatto che egli parte con l’affermare affinità tra gli argomenti innovativi e la “metodologia” di Francesco, che rifiuta ogni “sistema chiuso”, sia in materia di pastorale che nel campo della dottrina. Secondo McGavin, lo stesso Ratzinger aveva una metodologia altrettanto “aperta”. Tant’è che, nella parte iniziale della sua trattazione, sviluppa il discorso dell’affinità tra i due papi. Al punto che si è portati a credere che Francesco non faccia altro che realizzare ciò che Benedetto XVI era pronto a fare anche lui.

La prima reazione della blogger francese, che è anche la nostra, è stata di indignazione, pensando ad una mossa strategica comune sia alla furia modernista che ai sostenitori della continuità nel caso in cui i risultati del Sinodo lasciassero pensare chiaramente ad una rottura. Essi direbbero: «Benedetto XVI si accingeva a farlo» (sembra già di sentirli). E Benedetto XVI, avendo promesso obbedienza al suo successore, non potrà smentire.

Ciò detto, forse dal prossimo Sinodo non potrà attendersi altro che questo. Anche il blog Rorate Caeli [qui], ha però notato l’assurdità della tesi del teologo australiano, ricordando che ciò che fa testo, è l’esortazione post-sinodale del papa, che non deve forzosamente tener conto delle indicazioni emerse e dunque non ci si può attendere nulla di definitivo prima del 2017, ricordando tra l’altro che si tratta della scadenza prevista per il suo ministero petrino dallo stesso Francesco, dopo aver ribadito l’istituzionalizzazione della figura del “Papa emerito” [qui].

Quanto a Benedetto XVI, da non dimenticare che egli ha affrontato la questione nella sua Esortazione Apostolica relativa al Sinodo del 2005 sull’Eucaristia. Ha considerato le proposizioni sinodali, ma ha seguito la sua ferma posizione; non già la sua personale, ma l’inevitabile conclusione del Signore che nessun potere terreno potrà mai modificare:

Il Sinodo dei Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell’Eucaristia. (Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis, §29),

Da ricordare inoltre come, dopo un’approfondita e articolata analisi della tematica, in un saggio sulla pastorale matrimoniale (risalente al 1998) pubblicato dall’Osservatore Romano nel 2011 [qui], Papa Benedetto concludeva:

Certamente la parola della verità può far male ed essere scomoda. Ma è la via verso la guarigione, verso la pace, verso la libertà interiore. Una pastorale, che voglia veramente aiutare le persone, deve sempre fondarsi sulla verità. Solo ciò che è vero può in definitiva essere anche pastorale. “Allora conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giovanni, 8, 32).

Cardinali-con-Papa-FrancescoCi si rende dunque conto che, qualsiasi decisione possa venir fuori dal Sinodo del 2014, tutto dipenderà dallo spirito di Francesco, così come sarà espresso nella sua esortazione post-sinodale. Del resto è già avvenuto per l’Evangelii Gaudium che, nonostante si riferisca frequentemente al Sinodo del 2011 sulla “nuova evangelizzazione”, non è altro che un documento bergogliano. Se la decisione del papa fosse già presa, l’insieme del Sinodo non sarebbe altro che un costoso esercizio di futilità, in attesa delle sue determinanti conclusioni.

Nel frattempo, tuttavia, le avvisaglie sono molteplici.

Ricordiamo il recente testo, dal titolo che suona come ammonimento: Rimanere nella verità di Cristo – Il matrimonio e la Comunione nella Chiesa Cattolica – curato da p. Robert Dodaro O.S.A. (agostiniano, e preside dell’Istituto “patristicum Agostinianum” di Roma). Esso raccoglie gli interventi di 5 cardinali: Walter Brandmüller, Raymond Leo Burke, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis, Gerhard Ludwig Müller e di 4 studiosi (di cui due dello stesso ordine di Papa Francesco): p. Robert Dodaro, OSA, p. Paul Mankowski, S.J., Prof. John M. Rist e S. E. Mons Cyril Vasil, S.J. il cui intervento è molto significativo sulla disciplina orientale (AA.VV. Robert Dodaro O.S.A., (a cura di), Remaining in the Truth of Christ – Marriage and Comnunion in the Catholic Church, Ignatius Press, San Francisco 2014).

Oltre alle note discordi – rispetto alla prolusione Kasper, sia sulla indissolubilità del vincolo che sulle possibili devianze – di vescovi, cardinali e studiosi di cui è disseminato anche questo sito [quiquiquiquiquiqui e quiquiquiqui], è di questi giorni la notizia dell’ultimo numero dell’edizione inglese della Rivista cattolica internazionale Communio, riportata dal blog Eponymous flower [qui] da una fonte tedesca. Sotto il titolo Matrimonio: Considerazioni teologiche e pastorali l’edizione speciale (41.2 – Estate 2014) riporta una serie di saggi, tra cui quelli del cardinale Angelo Scola di Milano, del Prefetto della Congregazione dei Vescovi, cardinale Marc Oeullet ed altre personalità cattoliche.
Non resta che seguire e attendere.

Fin qui la mia riflessione. Ma non posso non sottoporvi la seguente affermazione di un lettore.

La dottrina è immutabile e la prassi no, ma anche la prassi pastorale non deve contraddire la dottrina. Ora la “tesi Kasper” che Francesco ha lanciato nell’arena per dar inizio alla battaglia dei gladiatori porporati, contraddice in pieno la dottrina. L’unico atteggiamento coerente per un cardinale o un vescovo è quello di condannare apertamente e fin d’ora, senza aspettare il sinodo, sia la tesi Kasper sia – e soprattutto – il tentativo inaudito di Francesco di sottoporre a discussione ciò che non può esserlo, pena la perdita immediata della Fede cattolica. È adesso, hic et nunc, che i difensori della Fede devono intervenire, pubblicamente, e magari con un vero e proprio libellus accusationis.

© CHIESA E POST-CONCILIO BLOG (14 settembre 2014)

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