Eutanasia di stato: così il suicidio diventa un virus

Numeri, costi, amplificazione di una cultura della morte e della finta compassione che elimina anche i depressi, senza controlli né regole. Così un’infermiera, la cui figlia si uccise usando un manuale pro eutanasia, spiega cosa accade in Oregon a vent’anni dalla legalizzazione dell’eutanasia, dove il il tasso di suicidi è del 40% superiore alla media nazionale.

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Charlie, 12 minuti di lotta per smettere di respirare

I genitori di Charlie raccontano il suo ultimo giorno di vita: il viaggio all’hospice, il no dell’ospedale a salire in ambulanza e quello del giudice per avere qualche ora in più. Poi una passeggiata nel giardino e il distacco del venitlatore: «Avrebbe dovuto durare 5 minuti, invece il nostro bimbo ha lottato ben 12 minuti». Ma nel loro futuro si staglia l’ombra della fecondazione in vitro che comporta la diagnosi pre impianto e lo scarto. Eppure, questo è il momento di combattere la cultura eugenetica.

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GB, In lotta per Alfie, il bimbo senza diagnosi da uccidere

Dopo Charlie, c’è un altro piccolo combattente da sostenere nella sua battaglia per il diritto alla vita: Alfie Evans. Quattordici mesi, è in coma da dicembre a Liverpool e ancora non ha avuto una diagnosi sulla misteriosa infezione che lo ha colpito. Ma medici vogliono staccare la spina e i genitori hanno fatto partire una campagna.

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Né il paziente né i genitori, sulla morte decida lo Stato: Elisa e la nuova frontiera dell’eutanasia

Ormai il best interest, l’equazione vita di bassa qualità uguale morte è praticamente ben digerita da molti. Il principio secondo il quale la fossa è il miglior posto dove mettere i disabili è pressoché acquisito. La discussione si sposta sulla scelta del soggetto che deve decidere della morte dell’incapace. I candidati sono tre: il paziente impersonato dalle Dat, i parenti e l’apparato burocratico dello Stato. La storia di Elisa e la nuova “battaglia” dell’associazione Luca Coscioni.

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Vescovi inglesi, Avvenire, D’Agostino, Paglia: Charlie ci fa scoprire la via cattolica all’eutanasia

Il caso Charlie ha fatto emergere con chiarezza che oggi domina anche nel mondo cattolico una cultura favorevole all’eutanasia. Se il professor D’Agostino ridefinisce il concetto di accanimento terapeutico ed eutanasia, monsignor Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, chiede solo di evitare conflitti. E mentre il cardinale Nichols ringrazia i medici che hanno ucciso Charlie, “Avvenire” scandalizza i lettori negando l’evidenza di quanto accaduto.

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Charlie Gard non è “morto”, è stato “ucciso”, e ciononostante “vive”.

È stato ucciso solo, senza la mano di sua mamma a tenere la sua, in una anonima e sconosciuta sala di ospedale, mentre qualcuno per decreto statale premeva un bottone.

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A Dio piccolo Charlie: il nuovo Stato eugenetico ha deciso che è legale uccidere un disabile

Charlie è stato ucciso. Ha combattuto su questa terra prima che un’umanità spietata gli staccasse la ventilazione. Morto soffocato nel lettino di un hospice lontano da casa. Messo a morte perché questo nuovo Stato eugenetico ha deciso che è legale uccidere un disabile.

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Charlie, agiranno come boia non come medici

Verrà portato in un hospice dove sarà terminato. Così corrompono anche gli hospice: nati per aiutare i moribondi a vivere fino al momento della morte, ora diventano luoghi dove si ammazzano i malati. I medici vedono cambiata la loro missione: che almeno tolgano il camice bianco e indossino mantello e cappuccio nero.

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Charlie è uno fra altri casi: ecco come lo Stato relativista sottrae i figli a chi lo contraddice

Charlie è un caso che insieme ad altri dimostra la volontà del potere di eliminare le famiglie che non rispettano il suo credo laicista, per cui non ci devono essere norme o valori morali da seguire. Fatta fuori l’oggettività della legge naturale, si può arrivare a sostenere che un bambino abbia il diritto di essere allontanato dai genitori che lo difendono dalla sessualizzazione, dall’eutanasia e da un’educazione atea. Non sono ipotesi ma leggi già approvate.

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